Commento al Vangelo Gv 3,13-17

In questo brano torna di nuovo alla nostra mente una nostra vecchia conoscenza: Nicodemo. Chi era? Un fariseo e precisamente è un capo dei Giudei. In questo dialogo vediamo un Gesù che parlando con quest'uomo prende spunto dalla storia di Israele che possiamo leggere nel Libro dei Numeri. Ma ce lo riporta chiaramente la comunità di Giovanni al versetto 14: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto». Ora è necessario analizzare cosa sono i serpenti. Come sappiamo nulla nelle scritture è lasciato al caso. Se ricordiamo i serpenti sono stati inviati da Dio per dare una punizione all'idolatria commessa dal popolo. Questo chiaramente è lo schema dell'AT in cui Dio adotta il paradigma "castigo-salvezza/perdono”. Qui Gesù ribalta la storia, invece di dare un castigo al popolo parla solo di salvezza/perdono. Ma in che modo? «Così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo». Ed eccolo qui il fulcro che però bisogna capire bene: è chiara ed evidente che Gesù parla della sua futura crocifissione. Ma non bisogna mai separare la Parola, dalla Croce e della Risurrezione, ovvero la salvezza ci è data perché il Figlio dell’uomo ha fatto sì che sia esplicitata e resa visibile la pienezza della condizione divina. E come possiamo quindi salvarci? Ce lo dice in modo netto e chiaro «Perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna». Ma che significa credere? aspirare alla pienezza umana che risplende in questo figlio dell’uomo. E come possiamo mettere in pratica ciò? Ascoltare, accogliere, meditare e mettere in pratica il Vangelo, ovvero gli insegnamenti del Cristo, riscrivendo quel Vangelo ogni giorno con la concretezza della nostra vita. Per la prima volta se ci facciamo caso leggendo il Vangelo giovanneo, la comunità vuol parlare della vita eterna, che non è, come insegnavano i farisei, e ancora oggi alcune chiese, un premio futuro, che viene dopo la morte, come la caramellina o il lecca lecca che diamo al bambino perché è stato bravo, non ha fatto i capricci e ha obbedito. No no, ma è la qualità di vita ora, oggi, nel presente. E perché si chiama “eterna”? Perchè nel momento in cui diventiamo figli di Dio nell'impegno concreto del mettere in pratica la Parola, noi diventiamo una cosa sola con il Padre, con il Figlio e con lo Spirito, tanto che creiamo un legame indistruttibile che non può spezzarsi più. Non fatevi fregare quando vi dicono fate i buoni e pregate le madonne e i santi e date le offerte in chiesa perché dopo avrete la vostra ricompensa! La vita eterna non ce l'avremo in futuro, ce l'abbiamo sotto i nostri occhi e non ce ne accorgiamo, la calpestiamo, la ignoriamo. Chiunque aderisce a Gesù seriamente, aspira alla pienezza umana che risplende in Gesù. Infatti la comunità giovannea scrive «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito»”, un ribaltamento totale del Dio che punisce e che chiede all'uomo sacrifici e offerte. Qui invece abbiamo un Dio che si offre tutto senza chiedere nulla in cambio, a nessuno. E questo «Perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna»” non avrà vita eterna. E allora vediamo un Gesù che ribalta i pensieri del nostro Nicodèmo. La vita eterna non si ottiene osservando la legge o regole, dogmi e silenzi imposti dall'uomo all'uomo, ma aderendo al Figlio dell’uomo rimanendo liberi dalle catene della religione che ti opprimono. E Gesù appare a Nicodèmo come a noi come il dono dell’amore di Dio per l’umanità che vuole manifestarsi e comunicare amore, non per giudicare il mondo. Gesù parlando con Nicodèmo va a smantellare parola dopo parola il pensiero che lui fosse venuto a cambiare la situazione politica, quel messia che tutti quanti attendevano e che invece non si è mai manifestato nelle vesti in cui loro speravano. 

(Questo contenuto è di proprietà della Chiesa Vetero-Cattolica Riformata)

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