NO. La Chiesa Vetero Cattolica non celebra il Giubileo.

Dietro questa risposta netta si cela una riflessione profonda che investe la teologia, la storia e la stessa comprensione della grazia divina. Non si tratta di una mera differenza di pratiche o sensibilità: si tratta di una divergenza radicale nel modo di intendere il rapporto tra Dio e l'uomo, tra la grazia e l'opera, tra il Vangelo e le tradizioni ecclesiastiche.

Il Giubileo, nella tradizione cattolica romana, è un anno speciale, indetto dal vescovo di Roma, durante il quale i fedeli possono ottenere "indulgenze plenarie" a determinate condizioni: pellegrinaggi, confessione, partecipazione alla Messa, opere di carità. La radice teologica di questo evento sta nella dottrina delle indulgenze: la convinzione che la Chiesa, in virtù del "tesoro dei meriti" di Cristo e dei santi, possa amministrare il perdono delle pene temporali dovute ai peccati già perdonati quanto alla colpa. In particolare, il vescovo di Roma avrebbe la potestà di "sciogliere" o "abbreviare" le pene che l'anima dovrebbe scontare in Purgatorio. Questo potere viene esercitato in modo straordinario durante l'Anno Santo, che diventa occasione di pellegrinaggio, devozione, ma anche — inevitabilmente — di grande esposizione mediatica, lucro e mobilitazione globale. Il Vaticano, e in particolare la città di Roma, si trasformano durante il Giubileo in un gigantesco palcoscenico spirituale e turistico, in cui milioni di pellegrini da tutto il mondo confluiscono per "guadagnare" grazie e indulgenze.

Alla luce di quanto detto, non stupisce che la Chiesa vetero-cattolica si rifiuti di partecipare al Giubileo e di riconoscerne la validità teologica. I motivi di questo rifiuto sono molteplici e profondi.

1. La dottrina del Purgatorio è respinta

La Chiesa vetero-cattolica rifiuta la dottrina del Purgatorio perché essa manca di un solido fondamento nella Sacra Scrittura.
Il Nuovo Testamento parla di un giudizio immediato che segue la morte, senza lasciare spazio a una fase intermedia di purificazione:
“È stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio” (Eb 9,27).
Non vi è alcun accenno nella predicazione apostolica a una "seconda possibilità" o a un luogo di espiazione temporanea.
La redenzione operata da Cristo è completa e definitiva: “Ora dunque non c'è più alcuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù” (Rm 8,1).

Inoltre, la costruzione dottrinale del Purgatorio, così come si è sviluppata nel Medioevo, porta con sé il concetto che le anime necessitino di una purificazione successiva alla morte, e che tale purificazione possa essere abbreviata o mitigata attraverso le opere, le preghiere o le indulgenze dei vivi.
Questa idea è estranea al messaggio evangelico, che proclama la sufficienza del sacrificio di Cristo: “Poiché con un'unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che sono santificati” (Eb 10,14).

Come affermava anche San Giovanni Crisostomo, uno dei Padri della Chiesa tanto venerati: “Non vi è bisogno di espiazione dopo la morte, perché dopo la morte viene solo il giudizio.”
Pertanto, tutta l'impalcatura teologica delle indulgenze, fondata sull'esistenza del Purgatorio, si dissolve quando si ritorna fedelmente alla Scrittura.

2. La grazia di Dio non è "quantificabile"

Uno dei punti più fondamentali del rifiuto vetero-cattolico del Giubileo riguarda la concezione della grazia.
La grazia di Dio è gratuita, totale e perfetta in Gesù Cristo. Non è una merce negoziabile, non è frazionabile, non può essere erogata "a rate" sulla base di pratiche devozionali o riti particolari.
La Bibbia è chiarissima su questo punto: “Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi, è il dono di Dio. Non è in virtù di opere, affinché nessuno se ne vanti.” (Ef 2:8-9).
La logica delle indulgenze giubilari, con i suoi pellegrinaggi, le opere di misericordia e le condizioni imposte per "guadagnare" il perdono delle pene, contraddice questa verità centrale del Vangelo.
Come diceva Martin Lutero nelle sue 95 tesi: “Il vero tesoro della Chiesa è il sacrosanto Vangelo della gloria e della grazia di Dio”. (Tesi 62)
La grazia non si merita, né si misura. È un dono assolutamente gratuito, che si riceve unicamente mediante la fede in Cristo.

3. Il ruolo esorbitante del papato

Un'altra critica di fondo riguarda il ruolo sproporzionato attribuito al papato, che nel Giubileo si manifesta in tutta la sua evidenza. Secondo la dottrina cattolico-romana, il vescovo di Roma esercita il potere delle chiavi in maniera sovrana e centralizzata, al punto da poter stabilire condizioni per ottenere indulgenze e dispensare la grazia dei meriti di Cristo e dei santi. Questa concezione non trova fondamento nel Nuovo Testamento. La Chiesa è il Corpo di Cristo, e ogni credente, unito a Lui per mezzo dello Spirito, partecipa direttamente alla salvezza e alla vita di grazia. Gesù stesso dice: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Matteo 18:20). Non vi è traccia di un'istituzione monarchica né di una gestione esclusiva dei beni spirituali.

Il Vetero Cattolicesimo, nato per rigettare l'assolutizzazione del primato papale sancito dal Concilio Vaticano I, vede nel Giubileo un'espressione esasperata di quella deriva: la grazia diventa monopolio di un'istituzione umana, anziché dono universale di Dio. Come ricordava il teologo vetero cattolico Johannes Friedrich von Schulte: “L'unità della Chiesa non si fonda su una gerarchia assoluta, ma sulla comunione di fede nel Vangelo di Cristo”.

4. L'aspetto spettacolare e turistico

Infine, non si può ignorare l'aspetto mondano che il Giubileo ha assunto nella prassi contemporanea. Roma, in occasione di questi eventi, si trasforma in una gigantesca macchina turistica: alberghi pieni, manifestazioni di massa, campagne pubblicitarie, merchandising religioso. Questa spettacolarizzazione svuota inevitabilmente di senso spirituale l'iniziativa stessa. Come ammoniva l'apostolo Paolo: “Vi scongiuro, fratelli, per il nome del nostro Signore Gesù Cristo, che diciate tutti la stessa cosa, e non vi siano divisioni tra di voi, ma siate perfettamente uniti in un medesimo pensare e sentire.” (1Cor 1,10)

Il Vangelo non ha bisogno di scenografie eclatanti, ma della semplicità dell'annuncio di Cristo crocifisso e risorto. Le manifestazioni religiose che scadono nel folclore finiscono per allontanare, anziché avvicinare, le persone alla fede autentica. Il teologo Karl Barth ammoniva: “La Chiesa non deve mai diventare un circo. La verità dell'Evangelo è troppo grande per essere mescolata agli spettacoli di questo mondo”. Di fronte a un Giubileo trasformato in attrazione globale, il Vetero Cattolicesimo si domanda: Questo aiuta davvero a proclamare la grazia di Dio o la svuota di significato?
La risposta, anche qui, è inequivocabile: No.

 

Ricapitolando, alla domanda se la Chiesa Vetero Cattolica celebri il Giubileo, la risposta è un chiaro e deciso no. Non per polemica sterile, non per ostinazione, ma per fedeltà al Vangelo della Grazia.
Il Giubileo romano, nella sua attuale configurazione, rappresenta una visione della Chiesa e della salvezza incompatibile con la testimonianza biblica e con la fede della Chiesa indivisa dei primi secoli.

La salvezza non si guadagna; la grazia non si compra; la redenzione non si misura in tempi o tariffe. Il Giubileo, per noi vetero cattolici, non è solo inutile: rischia di essere un ostacolo alla proclamazione semplice e potente del messaggio cristiano, che è tutto racchiuso in queste parole: "Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture" (1Cor 15,3-4).

Non serve altro.
Non serve nessun altro intermediario.
Non serve nessun altro evento straordinario.
Serve solo Gesù Cristo, e Lui crocifisso e risorto.

 

(Questo contenuto è di proprietà della Chiesa Vetero Cattolica Riformata)


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