DOMENICA DELLE PALME - ANNO C
Gerusalemme bruciava. E lui è arrivato.
Gerusalemme era un cuore pieno di rabbia.
Una città stretta tra la morsa dei romani e il silenzio ipocrita dei religiosi.
Tutti parlavano di pace, ma intanto si moriva di tasse, di violenza, di emarginazione e solitudine.
Il popolo camminava a testa bassa, sognando un giorno diverso.
Uno in cui qualcuno avrebbe finalmente detto: “BASTA.”
Uno che avrebbe fatto saltare il sistema.
Non con le parole. Con i fatti.
E quel giorno… si diceva che stava arrivando.
Gesù. Non uno qualunque.
Uno che parlava strano, ma vero.
Che toccava i "malati" senza paura.
Che guardava e "amava" le prostitute senza giudicarle.
Che rideva e giocava con i bambini.
Che si sedeva a tavola con i ladri ridonandogli la speranza,
e li trasformava in uomini nuovi.
Non portava una spada. Non aveva uno stemma.
Nessun partito, nessuna fazione. Eppure… faceva paura.
Perché aveva il potere di cambiare le persone.
E chi cambia le persone… cambia il mondo.
Gerusalemme lo aspettava.
Non come un predicatore. Ma come un leader.
Come il nuovo Mosè. Il liberatore.
Quello che avrebbe spezzato il giogo.
Quello che avrebbe fatto giustizia.
Quello che avrebbe spazzato via Roma.
I romani lo sapevano. Lo tenevano d’occhio.
I religiosi lo temevano. Sapevano che se fosse entrato nel tempio… sarebbe crollata la loro finta purezza.
Perché lui era fuoco. E loro erano paglia.
Il popolo? Il popolo era pronto.
Con i cuori stretti nei pugni, le lacrime sotto la pelle,
i sandali consumati, e i sogni pieni di fame.
Poi lui arriva. Ma non come se lo aspettavano.
Non a cavallo. Non con l’armatura. Non con uno stendardo in mano.
Arriva… su un asino.
L’animale dei poveri. Dei contadini. Degli ultimi.
Lui arriva come uno di loro. No — lui è uno di loro.
E questo è uno schiaffo. Uno schiaffo al potere che si veste d’oro.
Uno schiaffo alla religione che si siede in alto.
Uno schiaffo a chi pensava che Dio avrebbe fatto rumore.
E invece... Dio è entrato in città con i passi lenti di chi ama davvero.
Con il cuore forte e vulnerabile insieme. Con la tenerezza che fa tremare gli imperi.
E a riceverlo… non ci sono corone.
Ci sono ferite sanate e ferite aperte.
Lo aspettava il cieco che ora vede il bello della vita.
Il paralitico che ora cammina sulle strade della libertà.
Il lebbroso con la pelle nuova che ora ha capita cosa significa amare.
La donna salvata dalle pietre e quella salvata dall'emarginazione sociale
quelle che ora hanno capito di essere amate da Dio.
Il ragazzo posseduto che ora è libero dalle costrizioni di quel potere.
Il pubblicano che ora abbraccia invece di rubare.
La donna del sangue, che aveva toccato solo il lembo del suo mantello e aveva capito che vi era un'altra via possibile.
Lo aspettava anche Zaccheo, l’uomo piccolo che un giorno salì su un albero per vedere Gesù —
e da quell’albero è sceso un uomo nuovo, senza più paura del giudizio.
Lo aspettava la samaritana, che andava a prendere l’acqua quando nessuno la vedeva,
e che ora cammina a testa alta, raccontando a tutti di quell’Uomo che l’ha guardata senza vergogna.
Lo aspettava il centurione romano,
sì, proprio lui — lo straniero, il nemico —
che un giorno aveva detto: “Non entrare nemmeno a casa mia, non ne sono degno,
ma tu puoi salvare mio servo solo con una parola.”
E la Parola ha salvato davvero.
Lo aspettava l’uomo con la mano secca,
che ora abbraccia la vita con due braccia intere.
Lo aspettava la madre vedova di Nain,
che aveva pianto l’unico figlio, e poi lo aveva riavuto tra le braccia come fosse la prima alba del mondo.
Lo aspettava il ladrone sulla croce,
anche se ancora non lo sapeva,
anche se ancora non lo aveva incontrato davvero —
ma il suo cuore già tremava all’idea che il cielo potesse essere aperto anche per lui.
Lo aspettava Maria di Magdala,
che aveva conosciuto il buio più profondo
e che ora camminava con occhi incendiati di luce.
Lo aspettava anche chi non sapeva aspettarlo.
Chi non lo conosceva, ma sentiva un vuoto dentro.
Chi non aveva nome nei Vangeli, ma aveva fame di giustizia.
Chi era stanco, chi era solo, chi era ai margini.
Non è un corteo religioso. È un corteo di risorti.
Di liberati. Di gente che sa cosa vuol dire essere morti… e tornare vivi.
Di gente che vuole essere liberata dalla sua Parola e fa di tutto per avvicinarsi a lui.
E gridano. Forte.
Sporchi. Emozionati. Liberi.
“È lui!”
“Quello che ci ha toccato!”
“Quello che ha rotto il silenzio del dolore!”
“Quello che ci ha detto: TU VALI!”
OSANNA al Figlio di David
Strappano rami e li agitano in aria, lanciano mantelli, gridano “Osanna!”
Che non è “evviva”. È “SALVACI!”
“Ribalta tutto!”
“Distruggi questa realtà che ci schiaccia!”
“Entra e fai guerra a chi ci nega la dignità!”
Ma lui non sorride. Non è lì per l’applauso.
È lì per la verità. E la verità non fa comodo a nessuno.
Perché il problema non sono solo i romani.
Il problema sei tu. È la tua paura. La tua rassegnazione.
Il tuo compromesso quotidiano.
Le catene che ti tieni strette perché hai paura di essere libero.
Lui entra...
Lui entra per far salvare i cuori anestetizzati.
Per disturbare chi si è abituato al buio.
Per rovesciare tutto ciò che chiamiamo "normalità" e che in realtà è schiavitù.
E allora va dritto al tempio. Non al palazzo.
Non alla fortezza. Al tempio.
Dove si vende Dio. Dove si baratta la fede.
Dove si fanno affari sulla pelle della gente.
Dove si costruiscono gabbie e le si chiama "legge".
E lì esplode. Rovescia i tavoli. Grida. Spacca.
Sgrana gli occhi. Scuote la polvere.
Grida: “Avete fatto della casa di mio Padre un covo di ladri!”
Lui è mite, ma non muto. Pacifico, ma non passivo.
Amorevole, ma letale. Perché l’amore, quello vero, distrugge le bugie.
E tu pensi che sia tutto bello?
Aspetta. Perché tra pochi giorni,
la stessa folla che gridava “Osanna”
griderà “Crocifiggilo.”
Perché la libertà vera spaventa.
Perché chi ti salva l’anima non sempre ti salva la faccia.
Perché chi ti mostra la verità ti costringe a cambiare.
E cambiare… fa male.
Ma quella scena, quel gesto — entrare senza armi, con l’amore in faccia e la verità negli occhi —
è la rivoluzione più grande mai vista.
Un uomo che sceglie di non dominare, ma di servire.
Di non combattere per vincere, ma di perdere per amare.
Di non salvarsi… per salvare tutti.
Lì è cominciato tutto.
Lì è crollato il dominio. Lì è nato il Regno.
Senza troni. Senza eserciti.
Solo cuore. Solo verità.
E tu?
Tu dove stai?
Sul ciglio della strada, a guardare e basta?
Nel tempio, a difendere la tua idea malsana di Dio?
O nella folla a sporcarti di fango le mani, in mezzo agli sporchi, ai barboni, alle prostitute, ai pazzi
in mezzo a quelli emarginati, discriminati, da salvare con la Parola che pronuncerai affinchè non abbiano più paura della legge dell'uomo?
Perché oggi Gesù entra ancora. Non in città. Non nel tempio. Nel cuore.
E non ti chiede di essere perfetto. Ti chiede solo se vuoi vivere davvero libero.
Vieni e seguimi!
Non è un invito gentile. È un richiamo.
Come uno che urla nel fuoco: “Da questa parte! Esci da lì!”
Come uno che ti tende la mano quando stai affogando.
Perché seguirlo non è moda spirituale.
È guerra contro tutto ciò che ti tiene a terra, contro tutto ciò che è ingiustizia.
È imparare a camminare controcorrente quando tutti stanno andando stupidamente verso il baratro col sorriso.
Prendi la tua croce!
Non quella degli altri. Non una in saldo. Non quella finta, fatta di lamentele e frasi da calendario.
La tua. Quella che conosci solo tu.
Quella fatta di ferite aperte, di fatiche che nessuno vede,
di scelte che fai nel silenzio, quando nessuno ti applaude,
quando potresti mollare, e invece resti.
La croce di chi ama anche quando non è ricambiato.
Di chi perdona anche se ha tutte le ragioni per odiare.
Di chi si rialza anche se cade cento volte.
Seguirlo non è facile.
Non lo è mai stato.
È dire “no” all’ego quando l’ego ti promette scorciatoie.
È stare con gli ultimi quando il mondo corre dietro ai primi.
È servire quando tutti vogliono comandare.
È restare puliti in un tempo che ti sporca ovunque.
È scegliere la verità anche se ti costa la faccia, la carriera, gli amici.
È perdere, agli occhi del mondo. Ma vincere, dentro.
Perché ogni volta che scegli l’amore, l’universo si sposta un po’ di più verso il Regno che ha iniziato a costruire passando da Gerusalemme.
E allora seguimi.
Anche se non capisci tutto. Anche se hai paura. Anche se tremi.
Seguimi lo stesso.
Cammina coi piedi stanchi. Ama con le mani vuote. Abbi fede anche quando tutto crolla.
Perché io cammino davanti. E la mia croce… l’ho già portata fino in fondo.
Io ho aperto la strada.
Io ho vinto la morte, ho aperto quelle catene con cui la società si è legata.
Io sono la vita, quella che ti ho proposto: amore, uguaglianza, libertà.
E se scegli me, non ti prometto comodi. Ti prometto senso.
Non ti prometto applausi. Ti prometto libertà.
Non ti prometto di evitare il dolore. Ma che nel dolore non sarai solo. Mai.
Vieni. Prendi la tua croce. E seguimi.
La rivoluzione non è finita. È appena iniziata. E porta anche il tuo nome.
(Questo contenuto è di proprietà della Chiesa Vetero Cattolica Riformata)