SS. TRINITA' - ANNO C
Commento alle letture del giorno Gv 16,12-15 - Diventare amore
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità…»
Siamo nel cuore dei “discorsi di addio” di Gesù nel Vangelo di Giovanni, in un momento carico di intensità emotiva e disorientamento. I discepoli sono smarriti, come spesso lo siamo anche noi. Gesù ha parlato di pane spezzato, di amore fino al dono totale di sé, ma ora sembra sfumare, alludere a un'assenza, a un’ulteriore verità ancora da comprendere. Eppure in questo passaggio troviamo una promessa straordinaria: non sarete soli. Gesù dice chiaramente che i discepoli non possono ancora portare il peso di tutto ciò che ha da rivelare. Questo non è un limite ma un atto di amore: riconoscere che la verità non è un pacchetto da ricevere, ma un cammino da percorrere. Nessuno è pronto da subito per la verità piena: ci vuole tempo, vita, ascolto, ferite, risurrezioni. È in questo processo che lo Spirito si rende presente.
Tre volte in pochi versetti Giovanni parla dello Spirito come “Spirito della verità”. E non si tratta di una verità definita a tavolino, incisa nella pietra, ma di una verità che si scopre nella vita, nella relazione, nel servizio. Lo Spirito non insegna formule o dottrine astratte, ma ci introduce gradualmente in quella verità che è l’amore vissuto. Solo chi ama come Gesù, chi si spezza per l’altro, può accogliere quella verità che non si possiede, ma si diventa. Ecco perché i discepoli non capiscono: non sanno ancora che l’amore li trasformerà. Lo Spirito che riceveranno è lo stesso amore che lega il Figlio al Padre, ed è questo amore che renderà possibile il cammino. È un amore che genera responsabilità: “vi guiderà”, dice Gesù. Non dice: “vi obbligherà”, ma “vi accompagnerà”, rispettando la libertà, i tempi, i dubbi, la fragilità.
Quando Gesù ci chiede di dare la vita per i fratelli, non ci invita al martirio spettacolare, ma a mettere al primo posto il bene dell’altro, dell’umano, di ogni uomo e donna, anche e soprattutto degli scartati. Questo è il segno della presenza dello Spirito: includere, non escludere. Chi si arroga il diritto di “possedere” la verità — spesso con arroganza religiosa, dogmatica — ha tagliato i fili con lo Spirito. Perché la verità dello Spirito è relazione, è comunione, è misericordia. Come Gesù, anche noi siamo chiamati a “sporcarci le mani”: entrare nelle piaghe dell’umanità, nelle periferie, nei margini, là dove tanti, anche oggi, sono definiti “impuri”, “sbagliati”, “non degni”. Lo Spirito ci spinge lì, dove l’amore è più necessario, e ci chiama a essere pane spezzato, acqua viva, presenza compassionevole.
In un’epoca dove tutti parlano “in nome della verità”, il Vangelo ci ricorda che nessuno ha la verità in tasca, ma solo chi vive nella logica di Cristo può scoprirla. La verità non è una teoria ma una pratica: è il volto che assume l’amore di Dio dentro le scelte quotidiane. Ogni volta che scegliamo la cura, la giustizia, la pace, lo Spirito ci guida verso la verità tutta intera. Giovanni ci parla di una presenza viva, trasformante, non di un dogma da custodire in una teca. Lo Spirito è il cuore pulsante del Dio di Gesù, che ci accompagna nella storia, nelle ferite, nei nostri tentativi di amare davvero. Non ci sono scorciatoie: solo mettendoci sulla strada del Nazareno, e fidandoci dello Spirito, possiamo scoprire la verità del Regno, che è amore che si dona e si moltiplica.
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